Il velo clandestino

Share

veloContinua da qui.

Alla fine di questi mesi, io ormai mi sentivo musulmana, facevo già tutte le preghiere complete da 5 mesi, avevo già seguito il digiuno del mio primo Ramadan, non avevo dubbi sulla mia fede.

Tuttavia, c’erano degli aspetti della mia personalità, che ancora ostruivano la mia completa adesione all’Islam. Ancora non riuscivo a staccarmi dalla immagine di me stessa che davo agli altri, che avevo costruito per tanti anni… per questo, non ero capace di indossare il velo, di lasciare che la metamorfosi interiore uscisse anche fuori. Questo era un passo decisivo, perché nella mia esperienza personale e nella società in cui sono vissuta, il cambiamento esteriore, il mettere davanti a tutti il tuo sentire interiore non è ben visto. Puoi fare yoga, meditazione buddista, shiatsu, quel che ti pare, ma esteriormente devi restare ciò a cui gli altri sono abituati, adeguandoti al modello occidentale.
Io, poi, ho sempre amato passare inosservata.
Ora, l’Islam mi chiedeva di mettermi in gioco nel palcoscenico pubblico e della mia famiglia. Cosa avrei dato, per non dover fare questo. E più sentivo questa difficoltà, più mi rendevo conto della fondamentale importanza di superarla. Così cominciò un periodo di sofferenza e travaglio interiore. Insofferenza alle situazioni, alle persone che avevo sentito prima amiche o vicine, fastidio per gli atteggiamenti che non condividevo più, e il desiderio del hijab islamico cresceva sempre di più, era il desiderio di dichiarare a questo mondo di illusioni e falsità quello che io stavo scoprendo, ciò che ero diventata, il bisogno di testimoniare la mia fede in Allah, che per me significava comunicare a tutti che niente in questa vita valeva se non la ricerca del senso profondo della nostra esistenza, ovvero il ritorno verso il nostro sublime Creatore. Qualcosa che avevo sempre sentito, e parzialmente anche già attuato altre volte in passato, il desiderio di smascherare il mondo, di smascherarmi, ma che ora si univa al ritrovamento di una Verità certa sulle origini e il destino dell’uomo. Sapevo che molti mi avrebbero appoggiato, nella prima parte, mentre ben pochi, avrebbero potuto accettare la seconda (la Verità certa).
Dopo alcune prime prove di “coraggio”, finalmente, dopo 15 mesi dalla prima volta che avevo acquistato e letto il Qur’an, cominciai ad indossare il velo con l’intenzione di mantenerlo davanti a chiunque. Al hamdulillah. Il contatto frequente che nel frattempo era iniziato con un gruppo di sorelle di un masjid, mi aiutò moltissimo ad abituarmi all’abbigliamento islamico e a meglio comprenderne i molteplici significati.

Mi sentivo leggera, non sempre a mio agio, ma decisa ad andare avanti.

Sul lavoro fu una rivoluzione, ma formalmente nessuno poteva dire nulla, e io sentivo di essere sorretta e protetta da Allah!
Diversamente da quello che credevo, però, il velo sulla testa non risolveva automaticamente tutto… era un hijab interiore che ancora doveva maturare dentro di me, insieme alla comprensione e consapevolezza di come mantenere le relazioni con gli altri, dell’atteggiamento da tenere all’esterno, etc.

Un primo importante passo fu la decisione di smettere di stringere la mano agli uomini. Al hamdulillah in questo fui aiutata dal fatto che dopo la mia comparsa sul lavoro con l’hijab, dopo meno di 3 mesi presi un congedo per maternità, e questo mi diede modo di vivere la mia scelta con calma e serenità.

Proprio durante questo congedo, ebbi modo di venire a conoscenza del niqab. Partecipando ad un forum on line di musulmani/e quasi tutti italiani ritornati all’Islam, potei da una parte condividere le esperienze fatte dagli altri, poi apprendere molte cose che non avevo ancora approfondito, e infine scoprii che nella scuola giuridica che seguiva mio marito, Hanafita, è considerato wajib per la donna coprirsi il volto. Rimasi abbastanza scioccata da questa “notizia”. Ero sola qui in Italia con la mia bimba appena nata, e cominciai a leggere il più possibile su questo argomento.. in realtà ero alla ricerca “disperata” di qualcosa che mi potesse dispensare da questo. Ma il mio solito senso di giustizia e coerenza, non mi dava scampo, al hamdulillah. Più leggevo sul tema, più mi rendevo conto della correttezza di questa norma. Trovai anche quello che cercavo, delle “dispense”, ma non mi bastavano per mettermi il cuore in pace.
Cercai di affrontare la questione con serenità, di non prenderla di petto, di seguire il metodo che avevo imparato proprio dentro il cammino dell’Islam. Cominciai a interrogarmi sul perché questa cosa mi allarmasse tanto. In realtà, faceva emergere un nodo irrisolto dentro di me: l’atteggiamento interiore islamico fondato sulla modestia, l’umiltà, la sottomissione ad Allah ta’ala, la liberazione dalle schiavitù di questo mondo, dai condizionamenti esterni, dalle opinioni e dagli sguardi degli altri. E ancora, la necessità di cambiare se non stravolgere, alcune mie modalità di vita.
Cominciai a parlarne con mio marito, che era molto più cauto di me e meno intransigente, ma appoggiava ogni mia scelta che mi avvicinasse ad Allah ta’ala.
Alla fine dell’anno della “scoperta del niqab”, cominciammo a frequentare una comunità di pakistani che gestiva un masjid. Conobbi una sorella pakistana che indossava il niqab, e l’incontro con lei fu importante, ma ancora più decisivo fu l’incontro con una sorella indiana-inglese, che viveva in Inghilterra, e che aveva uno stile di vita più simile al mio, ovvero viveva più frequentemente situazioni pubbliche ed esterne all’ambiente domestico. Parlando con lei, mi resi conto che il niqab non necessariamente mi imponeva di lasciare alcune mie abitudini e bisogni, come per esempio guidare la macchina o portare la bambina al parco da sola.
Dopo tante riflessioni e letture, decisi di cogliere ancora una volta l’opportunità di un periodo “ritirato”, un altro congedo di maternità, per cominciare a portare il niqab. Ero preoccupata di cosa avrei fatto al rientro al lavoro, ma decisi di affidarmi ad Allah ta’ala.

Dopo il rientro al lavoro, continuo ad indossare il niqab, al hamdulillah, ma scopro il viso appena entro nell’istituto dove lavoro. Fuori da lì, indosso il niqab.

Umm Hamid

 

Continua….

3 Trackbacks & Pingbacks

  1. Il velo che svela
  2. Acqua nel deserto | Niqab.it
  3. Il velo che svela | Niqab.it

I commenti sono bloccati.