Acqua nel deserto

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niqab desertoUn’altra “voce”  lontana dagli schemi e dai cliché, quella di  Umm Hamid, una voce che ci ricorda le nostre debolezze, ma anche il dovere-bisogno di compiere uno sforzo che sia davvero “sincero” e puro. Insha Allah, speriamo anche accettato.

Per Niqab.it, Umm Hamid racconta la storia della sua conversione, o meglio del suo ritorno. Un lento e inesorabile ritorno verso ciò che è vero e che non lascia dubbi.

Come tante di noi, Umm Hamid ha cercato “il senso della vita” per molto tempo e dappertutto. Lo ha trovato, alla fine. E non ha più potuto tirarsi indietro.

Che Allah accetti da lei, la rafforzi e la ricompensi con il bene.

 

Sono ritornata all’Islam circa un anno dopo aver incontrato mio marito, un musulmano di origine pakistana.

La mia famiglia, veneta, mi ha dato una educazione cattolica.

Fino ai 18 anni di età, frequentavo molto la Chiesa e i gruppi cattolici, ero molto critica verso il sistema cattolico del Vaticano, le strutture gerarchiche e le contraddizioni della classe sacerdotale, ma credevo fortemente in Dio. Poi ho avuto una profonda crisi mistica che mi ha portato a rifiutare l’idea che la religione cristiana proponeva del nostro Creatore, quella che sentivo più distante da me era la visione antropomorfa che si dava di Dio. Non riuscivo ad accettare che si parlasse di Lui come di un padre, rappresentato come un vecchio con la barba, etc, con caratteristiche umane. Amavo molto però la figura di Gesù, Isa aleyhi salam. Quando decisi di lasciare la frequentazione della Chiesa, piangendo chiesi perdono a Dio per questo, facendo appello alla Sua comprensione per la mia intenzione sincera di credere in qualcosa che per me potesse avere un senso autentico.
La mia ricerca spirituale non si fermò, cominciai a partecipare a diversi gruppi che si rifacevano un po’ tutti alle correnti filosofiche indiane, fino a quando, delusa dalle esperienze avute, smisi di aderire a un movimento e mi costruii un percorso personale nel quale mettevo insieme diverse esperienze e approcci (vegetarianesimo, meditazione, ginnastica psicofisica, ambientalismo, astrologia, psicomagia, pacifismo, etc), mescolando momenti di alto spiritualismo e uno stile di vita anche di coppia, libero da ogni vincolo morale e anticonformista.
Tuttavia, la mancanza di costanza mi impediva di dedicarmi profondamente alla ricerca di Dio. E le scelte del mio stile di vita erano sempre molto mentali e autoimposte nel nome di una identità esteriore di me stessa da difendere e che stava diventando sempre più una maschera, una prigione. Non stavo bene, ma ero incapace anche di percepire quali erano veramente i miei bisogni interiori, poiché molti di essi rifiutavo di accettarli. Qualche mese prima di incontrare l’Islam attraverso l’uomo che è diventato mio marito, il piccolo mondo che mi ero creata attorno si stava sgretolando, io stessa lo stavo facendo crollare. Il mio rapporto di coppia era agli sgoccioli, e su questa scia, stavo cambiando casa, città, stavo lasciando un lavoro, mi apprestavo ad abbandonare anche una cerchia di amici e conoscenze.
In un certo senso, stavo creando un deserto attorno a me, stavo “fuggendo” ma in realtà mi stavo “salvando” da un mondo di illusioni e falsità (molte da me create).

Quando quest’uomo, mio marito, subhanallah, cominciò a parlarmi di Allah ta’ala, che Allah lo ricompensi, io ero già pronta a fare un grande salto, già lo stavo facendo, anche se molte cose le stavo vivendo a un livello subcosciente. Al hamdulillah, Allah subhanahu wa ta’ala mi stava indirizzando, mi stava salvando da me stessa. Per la mia natura, per il mio desiderio fortissimo di coerenza e di giustizia, non potevo far finta di nulla, non potevo non lasciarmi travolgere dalla Verità che intravedevo, non potevo esimermi dall’aprire quella porta che quest’uomo mi stava mostrando.

Al hamdulillah Rabbi al Alamin, Lui mi ha dato la forza, Lui mi ha voluta così, senza paura di affrontare l’ignoto.

Tuttavia, nonostante i numerosi cambiamenti che avevo fatto nella mia vita, le scelte strane agli occhi della mia famiglia e degli altri, per la prima volta, mi trovavo davvero ad affrontare il mio Io più profondo, il mio Ego. Ciò che mi ha dato la forza di non fermarmi, è stata la convinzione che un cammino che mi stava permettendo di mettere a nudo me stessa fino in fondo, di fronte a me stessa, non poteva essere sbagliato. I miei schemi mentali, il mio timore di lasciarmi andare con un uomo, erano l’effetto dell’essere cresciuta in un mondo in cui è impossibile fidarsi di chiunque, soprattutto per le donne, costrette nel loro ruolo di donne-emancipate-autonome-autoreferenti-sole,etc etc.. alle quali viene tassativamente proibito di ammettere che in realtà la donna ha bisogno di qualcosa di diverso di ulteriore, rispetto al riconoscimento sociale nel lavoro e nelle relazioni pubbliche, al viaggiare da sole, all’indipendenza economica, a un corpo da modella che ha costantamente bisogno di un pubblico a cui mostrarsi…

Più entravo nell’Islam, più le mie ideologie venivano messe in discussione, e più questo accadeva, più io mi ci aggrappavo, ma qualcosa dentro me, una voce, ormai mi metteva in guardia dagli schemi mentali della mia identità da new age. Alcuni aspetti della religione islamica per me erano “facili”, al hamdulillah: la preghiera quotidiana, il digiuno, persino la poligamia.. altri trovavano delle reticenze dovute al mio approccio libertario. La monogamia femminile, l’abito esteriore, l’esclusività del cammino islamico, e dunque il giudizio universale, li affrontavo secondo il solito schema: cosa importa a Dio di tutte queste cose?

La mia comprensione inshallah è iniziata quando ho cominciato a ribaltare la domanda: perché l’essere umano ha bisogno di tutto questo, per connettersi ad Allah ta’ala, per vivere nel ricordo di Lui?

Le cose si semplificavano, quando invece di lottare mentalmente contro i precetti, li lasciavo entrare dentro la mia anima: e lì, ogni volta, trovavano il loro giusto posto, lì dentro, con loro, ero a mio agio. Seguivo il consiglio di mio marito: prova, sperimenta l’Islam su di te, e se trovi qualcosa che non ti torna, che ti fa male, lascialo. Ogni volta che sperimentavo un pezzetto, mi rilassavo sempre di più, mi sentivo sempre meglio, riscoprivo i miei bisogni e i miei benesseri ancestrali.. di essere umano e di donna.

Nel corso di circa 8 mesi iniziali, non mancarono discussioni accese con mio marito, discussioni che subhanallah, hanno consentito a me di vivere con autenticità ogni mia scelta, a lui di fare luce dentro di sé e di rinascere come musulmano. Al hamdulillah.

Continua insha Allah…

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