Il velo che svela

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niqab005L’ultima parte di questo racconto è in realtà un brano a sé stante, che la sorella Umm Hamid ha scritto per il blog Io musulmana italiana e che abbiamo deciso di ripubblicare anche qui perchè precisa e commenta il racconto precedente, illuminando l’apparente enigma di un percorso verso il niqab di uno sguardo dall’interno, che svela i motivi profondi di una scelta apparentemente così drastica e dura, ma in realtà così naturale e autentica.

Mi guardavo allo specchio con il velo, un velo assurdo, corto, una fascia colorata attorno ai capelli e al collo, non un velo come lo intendo oggi, mio marito mi diceva: Sei bellissima, le donne musulmane (mu’mininat) sono bellissime. Io non capivo, mi guardavo e mi vedevo bruttissima, soprattutto, non ero io, non ero io, non ero io, non ero la persona che avevo sempre conosciuto, amato, e che gli altri conoscevano, e amavano…
E’ vero, non ero io. NON ERO IO.
Ma la prima domanda è: chi sono IO?
Uscivo con questa assurda fascia di stoffa sintetica che mi strozzava da tutte le parti e mi dava fastidio sulla pelle e poi, a un certo punto, fuori, sulla strada, di punto in bianco, mi strappavo tutto di dosso e finalmente respiravo.. mio marito mi guardava stupefatto. Poi, dopo un po’, ha capito che non doveva dire nulla, e lasciarmi fare, ed aspettare…
 Un giorno ho comprato una sciarpa-scialle color celeste-blu, mi piaceva molto, era larga, ampia, e non mi strozzava, l’ho indossata per andare ad un appuntamento per prendere un appartamento in affitto, era un periodo che cercavamo nuova casa e questi appuntamenti mi facevano impazzire, un’ansia incredibile perché non sapevo se andare con il velo o no…
Subhna Llah, quel giorno col mio velo stavo bene, mi sentivo bene, con quel celeste tinta unita, quella stoffa morbida, e masha’a Llah, a entrambi gli appuntamenti, noi due personaggi strani, io e mio marito, io con quel velo, siamo piaciuti tanto, ed entrambe le persone incontrate volevano darci la casa.
Per la prima volta, mi sentivo accettata in quella nuova strana identità, con quel velo, perché io mi ero accettata.
Con grande fatica, a circa cinque sei mesi da quella giornata stupenda, c’era un vento bellissimo fuori, ho indossato il velo per sempre….
Ma ancora, NON ERO IO.
Mi vestivo come sempre, con i miei vestiti un po’ alternativi, con le solite gonne sotto il ginocchio e con sotto i pantaloni, le maniche sempre lunghe, e questo velo che mi circondava la testa e il collo.
Non ero male, ma ancora NON MI RICONOSCEVO, non completamente.
Perché ancora, ero quella persona che cercava di piacere agli altri, di farli contenti, e pensavo così di fare contenta me stessa… pensavo molto a come apparivo davanti agli altri…
Poi, ho comprato la prima gonna veramente lunga, una gonna di velluto, simile a quelle che avevo visto portare a delle sorelle al Masjid. Una gonna lunga fino ai piedi, la mia mamma mi diceva sempre che io ero troppo bassa per mettere le gonne lunghe, e io ero molto triste per questo… Subhanallah, una liberazione, finalmente ora indossavo le gonne veramente lunghe, finalmente a 34 anni non ero più una bambina che metteva sempre le gonne corte…
Al hamdulillah Rabbi al ‘alamin, quante psicosi mi ha creato questo mondo assurdo in cui sono vissuta.
Poi ho iniziato a capire quale tipo di velo volevo: colori semplici, nero, marrone, chiari, ma a tinta unita, veli ampi, che non mi strozzavano, stoffe naturali, che non mi davano fastidio… difficile, trovare queste cose, nei mercati arabi o pakistani, molto arabi, molto pakistani, ma poco “musulmani”…
Ho iniziato a capire che più lasciavo lo stile che sempre avevo cercato di seguire da occidentale, e che sempre mi aveva fatto sentire il mio corpo come inadatto, fuori posto, e più cercavo di seguire le regole semplici dell’Islam VERO, AUTENTICO, dell’ hijab autentico, più mi sentivo meglio…
Era passato un anno e mezzo: mi guardavo allo specchio, e provavo a coprire il mio viso sempre di più, la bocca, poi il naso… più coprivo il mio viso, e più esso mi appariva bellissimo… Una magia nei miei occhi…
Il NIQAB: una nuova scoperta, curiosità, ansia, paura, paura di apparire troppo bella, paura di attirare troppo gli sguardi, con quei miei occhi misteriosi che scrutano il mondo…
Non ero ancora pronta, ma intanto ecco, era arrivata la primavera, faceva caldo e non potevo più mettere il giaccone invernale… ecco che allora feci una prova… quel jilbab leggero color crema che mi regalò mia suocera…. maa sha’a Llah, mi guardo, con la gonna sotto lunga, e quel jilbab sopra, e il velo nero sopra, e mi vedo bellissima… troppo? Troppo bella per uscire davvero così fuori in giro per la strada da sola con la mia piccola bimba di un anno?
Forse gli altri, non mi vedranno così bella, penso, forse mi vedranno come una assurda ….
Mio marito mi dice, oggi, con il niqab crema chiarissimo, e il jilbab dello stesso colore, di cotone leggero entrambi: Sei bellissima, ma solo io ti vedo così, gli altri non sanno quanto sei bella.
Nelle sue parole, sento tutto il senso di quella perla racchiusa dentro la conchiglia di madreperla, qualcosa di difficile da spiegare con le parole, che si può solo vivere, sentire, sperimentare.
Non so, se riesco a trasmettere quello che sento, in questi miei ricordi, non posso spiegare forse, di cosa Allah ta’ala con l’Islam, mi ha liberata. Ero una persona molto impegnata. Impegnata, come si dice qui, nel mondo vetrina dell’occidente del XXI secolo, impegnata socialmente, culturalmente, intellettualmente, professionalmente, anche spiritualmente: corsi a destra e sinistra, esperienze alternative alla ricerca dell’energia suprema,di un dio…
Ero un’appassionata di film d’autore, andavo a tutti i festival impegnati, stavo anche dieci ore dentro un cinema, e poi le mostre d’arte, le gite on the road a dormire in macchina per mesi…
L’Islam chiede di lasciare tutto questo? Abbandonare, rinunciare? Non è una rinuncia  in realtà, non è una tabula rasa, si tratta di fare una scelta. L’alternativa a tutto questo non è il deserto, non è faccio la mamma e mi occupo di mio marito e i figli e basta, non è così. E’ come la musica: pensavo, non è possibile, perché no la musica? Poi  a un certo punto, molto presto in realtà, ho sentito dentro di me, il bisogno di silenzio, per fare posto alla preghiera, all’incontro con Dio, avevo bisogno di silenzio, sempre, perché quei ritmi, quei suoni, davvero fuorviavano la mia anima… Come quei film, impegnatissimi certo, ma che mi portavano sempre fuori dalla realtà, dalla mia realtà, da me stessa, erano una fuga…e i movimenti sociali e politici in cui mi impegnavo… e i circoli d’arte e di cinema e tutto il resto: tanti teatri diversi per inscenare una parte, la parte dell’ alternativa, brava, seria, ma anche carina, intelligente… ma a disposizione di tutti, senza difese in realtà – fuori molto forte, dentro fragile.
Una collega mi ha detto: Ma perché, neanche la libertà di bere un caffé al bar? Ma quale libertà? Subhana Llah, quanto “ho goduto”, da sola, nel mondo, sui treni, nei bar, in giro, a bere e mangiare e dormire da sola, ma dentro, come mi sentivo? Desolata, una terra desolata, a volte piangevo, così nella mia desolazione, ma non sapevo cosa e come cercare…. e ne ho provate tante, di strade!
Era l’urlo di una donna disperata, che non sapeva più dove sbattere la testa????! Me lo sono chiesta tante volte, eppure, non mi vedo così… non ero così disperata, dal punto di vista di questo mondo, avevo tutto… tutto. Ma dentro di me, non avevo niente, mi mancava Dio.
Io non sono nessuno, non sono quella che ero prima, non sono neanche forse ciò che sento ora, ma il mio attuale nome, lo sento più vicino a me stessa, perché è il nome del mio ritorno al mio IO più vero… Non ho più timori (quasi) di mostrare me stessa al mondo, non ho più nessuna parte da recitare, non mi sento più a disagio, perché so che quello che faccio lo faccio non per me, non per piacere agli altri, non per piacere a mio marito, ma per Allah, in sha’a Llah, solo per LUI…
Lui, che ha creato tutte le cose, Lui che ha creato l’uomo da un’aderenza… Che ha insegnato all’uomo quello che non sapeva… Commoventi questi versetti, mio marito mi ricorda: Dicevi che era una bella poesia… E’ vero, dicevo così, io amavo tanto le poesie, ma non ce n’è nessuna che possa eguagliare questi versi (Allah dice nel Qur’an: portate anche solo un versetto così… E nessuno, mai, è riuscito a portarlo, a produrlo), perché non sono versi di un poeta, sono parole che parlano di Verità, di una verità arcaica, presente dentro di noi come esperienza ancestrale, e per questo, ci risuonano dentro, ci rimbombano dentro…
Attraverso l’islam, l’hijab, la concezione della donna nell’Islam, io ho ritrovato il mio vero essere donna, tutto ciò che finora mi ero sempre negata…Ero una psicopatica? Avevo dei problemi psichici e con il nuovo lavaggio del cervello li ho risolti? C’è chi pensa questo, ma tanti riscontri anche con questa realtà esterna, mi fanno capire che non è così, in sha ‘a Llah.
Capisco la reticenza di donne cresciute in questo mondo, a cambiare il contenitore, io ero fissata con l’interno, prima, e pensavo, che c’entra l’esteriore?! Ma non è così, se parliamo così, vuol dire che invece all’esteriore diamo molta importanza..
Semplicemente, ciò che è dentro, lo vedo fuori, ciò che è fuori, mi parla di ciò che c’è dentro..
Per me, arrivare al hijab vero, è stato un bisogno, un bisogno di SVELAMENTO, di svelare la mia scelta esteriore al mondo.. Perché per la prima volta, non facevo un’esperienza mistica nel tempo libero, ma vivevo questa scelta in ogni attimo, ogni respiro della mia vita, perché l’Islam è il mio ossigeno, non c’è momento in cui posso farne a meno.
E poi, è stato un bisogno che non avevo mai avuto il coraggio di accettare, il bisogno di INTIMITA’, di proteggere la mia intimità dagli sguardi del mondo, qualcosa che avevo sempre cercato, andando anche agli estremi, che mi hanno prodotto molti danni dentro: nel rispetto verso me stessa, il mio corpo, la mia persona.
Rivivo dei momenti che sono stati determinanti per me in questi ultimi cinque anni (subhana Llah, devo contarli bene, perché mi sembrano pochi, eppure sono stati così intensi che mi sembrano la parte più lunga della mia vita!): il percorso iniziale incerto e confuso, passi avanti e indietro, il malessere della non decisione, dello stare un po’ qui e un po’ di là, poi il sollievo dello stacco finale, l’ingresso reale e forte dentro l’Islam (sicuramente ancora non completo), e da qui, il taglio netto con tutta una serie di legami, esperienze, situazioni e contesti di questo mondo, del mio mondo precedente, che ancora, a volte, guardo con nostalgia, ma poi subito ripenso al sollievo di questo taglio, alla pace conquistata quando sentivo di non avere più niente da nascondere agli altri della mia scelta, perché era tutta lì, manifesta e alla portata di tutti… ma sha’a Llah!
Rinunce apparenti perché in realtà non significano niente, fuori dalla visione di questa società occidentale materialistica e perduta, che ha ucciso nelle sue menti e nel suo cuore la presenza di Allah, Il Dio.
Amicizie e legami che ancora vorrei oggi recuperare,ma che si sono spenti da soli, perché erano legami dentro un comune vagare nel mondo senza una meta chiara e precisa, senza una direzione sensata.
Non voglio dire che entrare completamente nell’Islam voglia dire rinunciare a ogni contatto con chi non è musulmano, però quello che ho sperimentato io, è che soprattutto nella fase di conoscenza, di apprendimento iniziali, per me è stato fondamentale avere accanto delle sorelle (oltre alla presenza di mio marito), che mi aiutassero con la loro conoscenza e la loro esperienza, a comprendere certe cose, a sperimentare me stessa nel cammino di fede. Gli altri, tutti quegli amici, amiche, parenti etc non musulmani, non mi erano di aiuto in quel momento, generavano in me solo ansia e confusione, perché non erano in grado di rispondere alle mie domande, ai miei dubbi, non mi sapevano indicare alcuna strada (se lo fossero stati, allora perché diventare musulmana? Io che sono stata tra loro, come loro, per tantissimo tempo…).
Solo in un secondo momento, mi sono sentita pronta per ritornare da (alcuni) di loro.. ma comunque non con grandi risultati: loro ora mi rifiutano, si è creato un grande distacco, incolmabile credo, ed è molto difficile condividere momenti e situazioni che anche per me possano essere accettabili, alla luce dell’islam.. Poi ci sono i miei bambini, e questo rende ogni contatto più difficile, perché loro  sarebbero troppo esposti a un ambiente che non può portarci nulla di buono, ma solo generare confusione.
Allahumma guida chi è perso, Allahumma guarisci i nostri mali dell’anima, Allahumma non farci smarrire dopo che ti abbiamo ritrovato, mantienici in questo cammino, aiutaci a sostenerci tra sorelle, crea sorellanza e amore tra di noi, nel Tuo Nome. AMIN.
Umm Hamid

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